Previsioni del futuro: internet o carta?

Recentemente Umberto Eco ha scritto alcune considerazioni riguardanti la scomparsa del libro cartaceo e l'imperversare della lettura digitale (L'Espresso, "La bustina di Minerva").

Eco scrive:
Agli inizi degli anni Sessanta Marshall McLuhan aveva annunciato alcuni cambiamenti profondi nel nostro modo di pensare e di comunicare. Una delle sue intuizioni era che stavamo entrando in un villaggio globale e certamente nell’universo di Internet si sono avverate molte delle sue previsioni. Ma, dopo aver analizzato l’influenza della stampa sull’evoluzione della cultura e della nostra stessa sensibilità individuale con “La galassia Gutenberg”, McLuhan aveva annunciato, con “Understanding Media” e altre opere, il tramonto della linearità alfabetica e il predominio dell’immagine - ciò che, ipersemplificando, i mezzi di massa avevano tradotto come “non si leggerà più, si guarderà la tv (o le immagini stroboscopiche in discoteca)”.
McLuhan muore nel 1980, proprio mentre stanno facendo il loro ingresso nel mondo di tutti i giorni i personal computer (ne appaiono modelli poco più che sperimentali alla fine dei Settanta, ma il mercato di massa inizia nel 1981 con il Pc Ibm), e se fosse vissuto qualche anno in più avrebbe dovuto ammettere che, in un modo apparentemente dominato dall’immagine, si stava affermando una nuova civiltà alfabetica: con un personal computer o sai leggere e scrivere, o non combini un gran che.
Ritornato l’alfabeto, con l’invenzione degli e-book si è però profilata la possibilità di leggere testi alfabetici non sulla carta ma su uno schermo; da cui una nuova serie di profezie sulla scomparsa del libro e del giornale (in parte suggerita da alcune flessioni nelle vendite).
Ora però ecco alcuni avvenimenti sconcertanti di cui hanno dato notizia i giornali, ma di cui non abbiamo ancora colto il significato e le conseguenze. Ad agosto Jeff Bezos, quello di Amazon, si è comprato il “Washington Post” e, mentre si conclama il declino del quotidiano di carta, Warren Buffett di recente ha collezionato ben 63 quotidiani locali. Come osservava recentemente Federico Rampini su “Repubblica”, Buffett è un gigante della Old Economy e non è un innovatore, ma ha un acume raro per le opportunità d’investimento. E pare che verso i quotidiani si muovano anche altri pescecani della Silicon Valley.

Calcolo commerciale, speculazione politica, desiderio di preservare la stampa come presidio democratico? Non mi sento ancora di tentare alcuna interpretazione del fatto. Mi pare però interessante che si assista a un altro ribaltamento delle profezie. Forse Mao aveva torto: prendete sul serio le tigri di carta.

Commenti

Post popolari in questo blog

La lettrice

Mark Rothko

Una piuma per sempre