Indugiare è adattamento al cambiamento

Secondo Voltaire non viviamo mai, siamo sempre in attesa di vivere. Non siamo in grado di vivere l’ora, l’adesso, ma piuttosto siamo sempre tesi a quello che può succedere.

Per secoli i maggiori pensatori ci hanno suggerito di non arrivare a conclusioni definitive circa l’ignoto. Oggi siamo protesi a raggiungerle ancora più velocemente e più frequentemente. Ci piace credere che ci sia sagacia nelle nostre secche decisioni, e talvolta esiste, e che sia la ragione a guidarci. Tuttavia la vera sagacia nasce dalla consapevolezza dei nostri limiti quando valutiamo il futuro. Per noi è importante valutare il periodo temporale rilevante delle nostre decisioni e poi chiederci quale sia il massimo tempo disponibile che possiamo concederci in quell’intervallo di tempo per osservare e processare le informazioni. I processi decisionali sono complicati dalla valutazione inconscia di elementi che non avremmo comunque il tempo di analizzare.

Considerare il ruolo dell’indugio è esistenziale dell’essere umano: la quantità di tempo che prendiamo per riflettere su decisioni definirà chi siamo. La nostra abilità di valutare l’indugio è peculiare. È un regalo, un mezzo che possiamo usare per esaminare le nostre vite. La vita può essere una gara contro il tempo, ma è arricchita quando superiamo i nostri istinti e fermiamo l’orologio per analizzare e comprendere cosa stiamo facendo e perché. Una decisione risoluta richiede riflessione e la riflessione richiede pausa. Molto spesso decidere è un’azione istintiva. La decisione degli esperti è più veloce perché si affidano all’esperienza (si tratti di chirurghi o giocatori di tennis), mentre quella dei principianti è più lenta proprio perché costretti a soppesare vantaggi e svantaggi di ogni azione.

La Natura e le Arti indugiano.
La Natura ci fornisce esempi interessanti di indugio: una nuova specie compare dopo qualche milione di anni di indugio, per tentativi genetici ed ecologici; un’estinzione di massa globale, che crea un terremoto genetico, avviene in 5-10 milioni di anni, obbligando all’indugio le specie che si estingueranno, per sempre; una specie che colonizza un nuovo habitat indugia nel nuovo sistema ecologico, può sopravvivere e vincere o può perdere e scomparire. La Natura tratta la contingenza, l’intreccio di casualità e regolarità.
Le pause nella musica sono gli indugi alle note che seguiranno ed assieme creeranno la melodia. Senza pause le note sono insignificanti.
Nell’arte la forma ha a che fare con il visibile, con la sua essenza; ne è la parte ontologicamente determinante, almeno per ciò che si crede in Occidente. La forma è ciò che si contempla grazie alle facoltà superiori della mente, e che attraverso la contemplazione fa accedere alla realtà invisibile ed immutabile delle essenze. Sono le figure dell’arte (musicali, pittoriche, plastiche, architettoniche, letterarie). Evento è ciò che accade in un dato spazio, in un dato tempo, e accade per qualcuno.
In una dimensione della vita, forma ed evento fanno “uno”: l’arte. L’artista vede la forma, intende l’essenza del sensibile, del percepibile, da luogo ad un evento. In Oriente non c’è forma ideale da fissare in immagine, resta così problematico parlare di evento in relazione all’accadere del segno artistico. Il tratto è da intendersi come l’affioramento visibile di un processo lento, costante, generalmente impercettibile, che accade sia a livello naturale, sia a livello tecnico ed estetico, nel cuore-mente dell’artista. Il tracciarsi del carattere (ad esempio nello sho, l’arte della calligrafia) è l’epifania di qualcosa che sempre continua ad essere in transizione, l’emergere di qualcosa che porta al compimento parziale, perché sempre rinnovabile, a “trasformazione silenziosa” che non cessa mai di accadere.
Nell’Arte questo è l’indugio al divenire.

Indugiare porta a valutare l’importanza delle cose, accorgersi che ci sono. I dettagli spesso ci sfuggono perché siamo presi dalla fretta delle decisioni. I dettagli delle cose e delle persone vengono così per sempre immersi nell’oblio frettoloso della superficialità, nella tensione al divenire.
L’indugio è adattamento al cambiamento, è apprezzamento dell’istante.

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