Uno scultore kamikaze e zen: Kenjiro Azuma

É trascorso mezzo secolo da quando Kengiro Azuma è approdato all'Accademia di Brera per seguire i corsi di Marino Marini, di cui, poi, dal 1960 al 1979, sarà assistente.
A 17 anni, lasciato il liceo, entra in Marina: corsi per piloti di aerei siluranti che, finiti i siluri, si trasformano in kamikaze. Gli insegnano che l'Imperatore è un Dio per il quale è un onore immolarsi. Con altri volontari Azuma ha un addestramento speciale; poi viene destinato a Okinawa e nelle Filippine. «Il mio amico più caro si chiama Toshio Hida - racconterà -. Siamo sovraeccitati da quello che ci inculcano: è comprensibile a 19 anni. Il calendario decide le partenze dei kamikaze. Per evitare ripensamenti viene fornito il carburante per sola andata. A Toshio tocca di partire una settimana prima di me. Quattro giorni dopo il suo sacrificio, la guerra finisce. Sono disorientato, mi sento vuoto dentro. E non ho più fede in nulla. L'Imperatore non è un Dio, ma uno come noi. Ho bisogno di credere, di riappropriarmi di qualcosa di spirituale: l'arte? Avevo vissuto in una famiglia di artigiani del bronzo. Penso che l'Accademia può far rinascere in me i valori dello spirito».
«Cerca la tua strada, non imitarmi - gli suggerisce Marini -. Riscopri il concetto di forma e spazio, tenendo conto degli insegnamenti buddisti». E Azuma, che intanto frequenta Lucio Fontana, ritrova se stesso, evitando che il «marinismo» possa danneggiarlo.
Fra le opere più suggestive, le piccole Gocce. Gocce di pioggia. «Io dico piove, Che cos'è piove? - si domanda Azuma -. Può essere molti modi di piovere. Ecco che dare forme diverse alla parola piove unisce, oltre ai diversi significati che abbiamo appreso mentalmente, diverse sensazioni visive che insieme ci forniscono una più completa percezione dell'evento». Ed ecco che la pioggia viene rappresentata con una serie di piccole e grandi sculture a forma di goccia, disposte accanto o l'una sull'altra, costituendo una colonna senza fine, tesa verso le nuvole. Alla fine, l'artista-poeta sente, davanti allo specchio, «il canto della goccia d'acqua».



Il panismo di Azuma è imminente e trascendente come la bellissima, unica "goccia" di pioggia che vive per una frazione d'istante per poi morire, apparentemente senza lasciare traccia, in realtà condensando in sè la perfezione.

Come nasce una sua scultura? (cliccando sulla domanda si rimanda al video dell'intervista al Maestro Azuma)
L’idea è quella di rappresentare la parte invisibile dell’uomo, che però non ha una forma ben definita. I sentimenti non hanno una forma precisa, sono cose astratte. Ho abbandonato la rappresentazione dell’uomo, dedicandomi a quella dell’anima.Ho realizzato molte gocce d’acqua di bronzo perché la goccia d’acqua non si può mai vedere perfettamente. Appena la goccia si stacca dalla grondaia, assume una forma perfetta che però non riusciamo a cogliere con i nostri occhi. Io credo che la nostra vita sia un po’ così. Non saremo mai uomini perfetti come le gocce d’acqua, neanche studiando profondamente. Nella goccia di bronzo faccio poi dei buchi. Quello che rende un bicchiere tale non è il materiale con cui è costruito, ma il vuoto che viene riempito dalla bevanda che vi versiamo. Cerco quindi di esprimere utilizzando lo spazio vuoto ciò che è veramente importante, cioè l’anima, l’amicizia, la vera solidarietà, il modo di convivere. Con la mia sensibilità devo poi capire dove mettere i vuoti per comunicare ciò che intendo comunicare.

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